The story of Clara
Sono Clara ho 19 anni e vivo a Milano.
Tutto ebbe inizio il 21/01/22, io avevo 17 anni quando, dopo la seconda dose di vaccino anti Covid, iniziai con dei forti dolori al fianco sinistro, malessere generale e continua nausea. Il giorno stesso chiamammo il 118 che ci portò nel primo ospedale libero in quel momento a causa della pandemia Covid-19.
Dopo un mese di ricovero mi dimettono senza una diagnosi, secondo i medici, il problema era psicologico e non fisico.
Da quel giorno non riuscii più a stare bene ma ogni giorno che passava stavo sempre più male, non riuscivo più ad alimentarmi, il mal di testa, il dolore al fianco sinistro, al petto, alla pancia, la fatica a respirare, la mancanza di appetito e la nausea mi accompagnavano tutti i giorni. Invano continuavo a prendere bustine per combattere la nausea, la mancanza di alimentazione in poco tempo mi fece perdere le energie e non riuscii più ad alzarmi dal letto.
Lo sconforto era tanto, numerosi gli esami e le visite senza alcun riscontro, continuavo ad accumulare accessi in pronto soccorso dove mi somministravano flebo per la nutrizione e per alleviare il dolore.
Il giorno 8/09/22 l’ennesimo esame, mi dissero: “l’ultima spiaggia”.
Era un Angio-RM addome superiore- Angio-RM addome inferiore.
L’esito questa volta aveva un nome concreto: “la Sindrome di Dumbar, una malattia rara”. Chiesi che cosa fosse, non mi seppero dare una risposta ma solo che era uno schiacciamento del tronco celiaco, ero nata così e il vaccino aveva scatenato una reazione inevitabile.
La reazione fu di sollievo nel pensare che quasi dopo 1 anno ero riuscita a dare un nome a quello che avevo, anche se non mi sarei mai aspettata una cosa del genere.
Mi misi subito alla ricerca di questa malattia su internet nella speranza di trovare delle testimonianze di persone che stavano passando quello che io stavo afrontando.
Non trovai quasi nulla se non 2/3 link che parlavano della sintomatologia della malattia, poche testimonianze di persone raccontavano di aver affrontato un intervento senza beneficio ma dovevano addirittura farne altri.
Cercai ospedali che avessero già conosciuto questo tipo di malattia ma trovai veramente poche sedi: a Perugia, a Pavia e a Milano.
Decisi di affidarmi all’ospedale San Raffaele di Milano, dove avevo letto che avevano affrontato questo problema.
Durante la visita il Primario di Chirurgia d’urgenza mi conferma la necessita di intervenire in tempi brevi a causa delle mie condizioni fisiche (nel giro di pochi mesi avevo perso 15Kg). L’intervento avverrà in laparoscopia e sarà eseguito con medici vascolari, il suo primario e il primario di medicina generale, il quale mi informa di non aver mai affrontato questo tipo di intervento e che dovrà studiare bene il caso insieme ai suoi colleghi per capire come intervenire.
Mi informò di due cose: la prima è che l’intervento sarà molto doloroso e probabilmente gli antidolorifici che mi avrebbero somministrato non sarebbero serviti molto.
La seconda cosa era che l’intervento non avrebbe dato una certezza circa la risoluzione e avrei dovuto convivere con la malattia o addirittura mi sarei dovuta sottoporre ad un’ulteriore intervento per mettere uno stand, bypass o pacemaker.
Queste parole mi sconvolsero lasciandomi molte domande, paure e ansie che ancora oggi mi accompagnano.
Il giorno 17/10/22 il telefono squillò comunicandomi che il 25/10/22 mi avrebbero ricoverato per operarmi, in quel momento provai un senso di sollievo, volevo solo porre fine al mio calvario.
Il 26 mattina ero in ansia, la sera prima non avevo dormito ero stata tutta la notte al telefono con la mamma, alle 6:00 del mattino vennero i medici e mi informarono che alle 11:00 sarei entrata in sala operatoria. Mi preparai psicologicamente, chiamai mia madre per dirle che avremmo avuto il tempo di stare un pò insieme, ma propio in quel momento entrò un medico dicendomi che avevano anticipato l’intervento alle 7:30.
Guardai l’ora, erano già le 7:10, mia madre non sarebbe potuta arrivare in tempo.
Mi si agghiacciò il sangue, il panico prese il sopravvento, la chiamai con un filo di voce per avvisarla, mi tremavano le mani, non riuscivo a stare ferma, lei cercò di rassicurarmi e rimase al telefono fino a che non vennero a prendermi per andare in sala operatoria.
Mi portarono in una stanza per iniziare la procedura per l’anestesia, l’anestesista mi disse che avevano preparato delle sacche di sangue per “sicurezza”, questo mi fece agitare lei se ne accorse e iniziò a somministrarmi l’anestesia.
Mi risvegliai nella mia stanza (erano le 14:30) con un freddo micidiale, mi misero addosso 5 coperte di lana per cercare di combattere l’inizio di ipotermia, ma continuavo a tremare e a battere i denti, avevo dei forti dolori alla pancia, alla schiena e facevo molta fatica a parlare e a respirare, così un infermiera mi somministrò un antidolorifico. Poco dopo arrivò il medico che mi aveva operata, mi disse che l’intervento era stato molto complesso, delicato e per la posizione non aveva potuto mettermi il drenaggio.
Mi voltai a sinistra, fù in quel momento che vidi mia madre che con gli occhi pieni di gioia mi teneva la mano, in un istante tutta l’ansia e la paura di non rivederci scomparve e ci lasciammo andare ad un pianto liberatorio seguito da un grande abbraccio.
Il giorno stesso iniziai ad avere la febbre a 38°C che 3 volte al giorno monitoravano e alla sera mi aspettava l’iniezione di eparina che continuai a fare per più di 1 mese.
La febbre continuava a persistere fino ad arrivare a 39,5°C, iniziai con dei crampi alla pancia, mi portarono a fare una Tac con contrasto e diagnosticarono una pancreatine dovuta al liquido formatosi vicino al punto dell’intervento.
Mi fecero le emocolture per individuare l’antibiotico giusto ed iniziare la cura.
Dopo circa 1 mese di ricovero finalmente tornai a casa, cercai di riprendere in mano la mia vita, iniziai a piccole dose a mangiare e questa sensazione mi sembrò stupenda, poter tornare a mangiare dopo mesi senza toccare cibo.
Dopo un po’ di tempo tornò anche l’appetito e i dolori si attenuarono.
Il 20/11/22 iniziai a stare male. Dovetti essere di nuovo ricoverata il terrore e la preoccupazione di dover forse ripetere l’esperienza passata da poco non mi faceva stare tranquilla.
Mi fecero una Tac all’addome, videro che avevo una infezione causata come conseguenza dell’intervento e del sistema immunitario debilitato. Dopo circa 1 settimana di ricovero tornai a casa con una cura di antibiotici da proseguire per 10 giorni.
Ad oggi posso dire che il peggio sia passato, i sintomi in modo lieve spesso ritornano, la paura di stare male però quella c’è sempre ogni qual volta che i sintomi ricompaiono o che un virus influenzale mi colpisce. Penso sempre che il mio calvario non sia finito ma con il tempo ho imparato a convivere con la malattia.
Attualmente ancora non so se l’intervento sia stata la soluzione definitiva o se nel mio futuro debba affrontare altri interventi o terapie, ma ad oggi mi sento come una tigre che è stata liberata dalla gabbia e può finalmente tornare a ruggire, libera alla sua vita.
Ho deciso di prendermi del tempo prima di poter parlare della mia malattia, per elaborare e prendere consapevolezza.
Oggi, a 1 anno di distanza, mi sento libera di parlare della mia esperienza in modo da poter essere di supporto alle persone alle quali possa venire diagnosticata la stessa malattia e che vorrebbero trovare una testimonianza.
Proprio come avrei voluto anche io.